Mal di pancia, mal di testa, nausea, respiro affannoso… Sono solo alcuni dei sintomi fisici di ansia nei bambini, quando qualcosa li preoccupa o li spaventa molto.
Spesso queste manifestazioni vengono interpretate come piccoli “imbrogli” per evitare situazioni spiacevoli, soprattutto se quel mal di pancia viene proprio sempre al giovedì pomeriggio che, guarda un po’, è il giorno della piscina, oppure casualmente al mattino solo quando c’è la verifica di matematica…
Se è vero che a volte qualcuno esagera un po’, nella speranza di passare la mattina in pigiama a guardare la televisione, anziché a scuola, è anche vero che molti “mal di pancia da piscina” sono sintomo di un disagio reale, che ha a che fare con l’ansia nei bambini.
È importante aiutare i nostri bambini a passare da un “mamma ho mal di pancia” a un “mamma sono preoccupato”.
Essere capaci di riconoscere le emozioni che si provano, sapere perchè si provano, rendersi conto del legame tra le emozioni e ciò che le persone fanno e dicono, riconoscere il modo in cui le emozioni influenzano le proprie prestazioni, sono elementi che caratterizzano i bambini emotivamente competenti e sono importanti fattori protettivi rispetto ai disturbi d’ansia.
Ma come aiutare i bambini ad acquisire competenza emotiva?
Prendere sul serio l’ansia nei bambini
Quando un bambino esprime la sua ansia o la sua paura, anche attraverso un sintomo fisico, è importante che trovi un adulto che lo confermi in quello che sente. Anche se l’oggetto della paura (il buio, una situazione particolare…) a un adulto può sembrare cosa di poco conto, per il bambino la paura o la preoccupazione sono molto reali ed è importante che anche l’adulto le consideri tali.
Se un bambino non viene preso sul serio nella sua paura, dovrà occuparsene da solo e avrà la percezione di non essere capace di distinguere tra ciò che è davvero pericoloso e ciò che non lo è, e questo genera ancora maggiore insicurezza e ansia.
Dare un nome alle emozioni dei bambini
I genitori hanno l’importante possibilità di “allenare” ogni giorno i propri figli a dare un nome a quello che sentono.
Riconoscere le emozioni è una competenza che si evolve con il tempo e con le interazioni sociali.
Fin dai primi scambi con il neonato, infatti, l’adulto si pone come “interprete” di messaggi del bambino che da indistinti segnali di disagio diventano l’espressione di bisogni primari molto chiari: la fame, il sonno, il dolore…
Poter dare un nome a un’emozione o a uno stato d’animo aiuta a circoscriverla e a renderla più “masticabile” e pensabile.
Mettere in relazione emozioni e comportamenti
Comprendere l’intenzionalità, cioè capire che i comportamenti delle persone sono determinati da come esse si sentono è un passaggio fondamentale per dare un senso agli scambi sociali che un bambino vive e vede intorno a sé.
Anche in questo caso, l’adulto ha l’importante funzione di mediatore e di guida.
I bambini sono curiosi di sapere perchè le persone si comportano in un certo modo: non è raro infatti sentire un bambino, anche piccolo, che chiede alla mamma perchè il fratellino stia piangendo o perchè due persone per strada stiano urlando. Avere un adulto che gli spiega che si piange quando si è tristi o che a volte le persone urlano perchè sono arrabbiate lo aiuterà a dare un senso ai comportamenti degli altri, ma anche a sapere su sè stesso che l’emozione che prova quando piange si chiama tristezza.
Il ruolo dell’adulto, dunque, è fondamentale per aiutare i bambini a sviluppare una buona competenza emotiva che, come abbiamo detto, è un fattore protettivo rispetto ai disturbi d’ansia.
Inoltre, è importante che genitori e insegnanti siano attenti a cogliere i segnali di ansia nei bambini, per poter intervenire e rivolgersi ad un professionista per un aiuto terapeutico, soprattutto quando questi si manifestano con sintomi che vanno ad interferire limitando o addirittura bloccando il normale svolgimento delle attività quotidiane.
[Articolo pubblicato sul portale Psicologi Italia]